martedì 20 marzo 2012

La fine dell'iter


(ossia: ghere nient de fa’ – non avevo niente da fare)

Momenti di cambiamento,
di liberazione e divento
irrequieto, con la smania
di trovare soluzioni
nuove che diano armonia
tra il sentire interno e il fuori.

Così cerco di portare
le cose dove sfruttare
la possibilità di esprimere
al meglio le ispirazioni,
senza per questo dovere
rischiare eventuali infezioni.

Sì, perché lo studio dove
di solito lavoro, nove
su dieci non riscalda,
anche se termosifone
e soffio d’aria calda
accendo con attenzione.

E allora studio spazi
‘ché in cucina utilizzi
il computer, per riuscire
a trascrivere quanto scritto
di mia mano all’imbrunire
o la musica che ho intuito.

Per non avere uscite
monetarie inaudite,
proporrei al fratello
di rendermi ospite
suo con l’elettro fardello
mio, lì, vicino allo stipite.

Ma è un iter senza fine,
la mente è solo incline
a fare confusione,
benché sia il controllo
della nuova situazione
che vuole il mio cervello.

La testa mi fa male
assai, mi chiedo quale
possa essere la cura
più appropriata e penso
che usare la scrittura
stemperi il pensiero denso.

Così è nato questo…
oh, la rima!?… discosto
dallo scrivere d’un getto
il pensiero come passa
per la mente… poemetto?
Non granché, ma mi rilassa.

Dovrei forse dormire
un poco, e nelle spire
del sonno, reclamato
a gran voce dal mio
stesso stato alterato,
dirgli con coraggio: Addio!

Ora sì, vado a letto
una mezz’ora, e mi metto
lì tranquillo per il tempo
necessario, purché la mente
lasci libero il campo
dai pensieri… all’ist…ante…

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